Ovviamente, il Duomo di Amalfi è un must qualora si sia in visita a questa antica repubblica marinara e alla sua costiera. Esso va però guardato con occhio attento ai particolari se non si voglia ricadere nel turismo mordi e fuggi.
Amalfi e Sant’Andrea: la storia
Il duomo di Amalfi porta il titolo di Sant’Andrea perché qui sono sepolti i resti mortali dell’Apostolo trasportati da Costantinopoli ad Amalfi dal cardinale Pietro Capuano. Questi li recuperò nell’antica Bisanzio all’inizio del ‘200 durante la IV Crociata.
Per collocare sinteticamente l’edificio sacro nel suo contesto, è necessario partire dal dato che esso è costituito, in realtà, da due chiese. La Basilica del Crocifisso, risalente al IX secolo e costruita su un edificio sacro preesistente, e l’attuale cattedrale fondata del duca longobardo di Amalfi Mansone I nel 987.
I due edifici, posti uno accanto all’altro, erano nel medioevo in comunicazione costituendo un unico complesso architettonico. Oggi, la Basilica del Crocifisso è adibita a museo mentre la cattedrale è stata oggetto di successivi interventi fino all’attuale in stile barocco.
Duomo d’Amalfi: la visita
Perché, da un lato, la cattedrale dell’Arcidiocesi di Amalfi Cava dei Tirreni possiede particolari che possono sfuggire. Mentre, dall’altro, può trarre in inganno con vicende inaspettate.
Questo è il caso della sua facciata, ricostruita nella seconda metà dell’800, dopo il crollo di una sua parte il 24 dicembre del 1861.
Dunque l’attuale fronte della cattedrale – che sovrasta la piazza di Amalfi grazie alla lunga scalinata – non è frutto di architetti antichi ma del progetto di Enrico Alvino (1809-1876). L’idea era di riportare l’edificio alle sue sembianze primigenie liberandolo dagli interventi barocchi.
Come sempre, in questi casi, se ne possono dare giudizi diversi: resta l’assoluta particolarità della situazione.
I mosaici della Cattedrale di Amalfi
Diventa evidente a questo punto come anche i mosaici della facciata siano assolutamente moderni, cioè ottocenteschi.
Siamo di fronte a un frontone costituito da un triangolo equilatero di dodici metri di base che ospita la scena principale. Al di sotto di esso, una elaborata fascia dove, in dodici monofore, sono rappresentati gli Apostoli e, a chiudere, una fascia di decorazione a motivi fitomorfi.
Se le immagini degli Apostoli potrebbero trarre in inganno un visitatore inesperto, la dinamicità della scena principale rende evidente che i conti – in termini di antichità dell’opera – non tornano.
Il disegno dei mosaici si deve infatti all’artista (e senatore del Regno) napoletano Domenico Morelli (1823-1901). I cartoni preparatori furono realizzati nel 1889 insieme con il suo allievo Paolo Vetri (1855-1937).
A realizzare materialmente l’opera, una delle botteghe artigiane veneziane protagoniste nella produzione moderna del vetro artistico in Laguna: la Salviati fondata nel 1859 da Antonio Salviati. Essi vennero posti in opera nel 1890.
Se guardate la base del timpano del frontone, troverete l’indicazione della ditta Salviati nell’angolo sinistro e quella di Morelli e Vetri nell’angolo destro.
Il grande mosaico raffigura al centro Cristo Benedicente in trono (inserito in una sfera) il quale con la sinistra tiene un libro sul quale è scritto Ego sum lux. Intorno al trono (due per lato) i simboli degli Evangelisti.
Ai piedi di Gesù una numerosa serie di personaggi coronati prostrati di fronte a lui alcuni dei quali gli offrono la loro corona. Colpiscono la ricchezza dei fregi, la ricercatezza e la varietà delle vesti degli Apostoli ed i numerosi colori impiegati per le vesti stesse.
I cartoni preparatori di Morelli e Vetri sono conservati ed esposti al pubblico presso il Museo Municipale di Amalfi.
Il portale bizantino
Il portale centrale del duomo è ancora l’originale realizzato in bronzo a Bisanzio e poi trasportato in loco. E’ costituito da ventiquattro formelle di cui quattro contengono le figure di Cristo, della Madonna e di due Apostoli.
Fu donata alla sua città prima del 1065 dal nobile Pantaleone de Comite Maurone. Autore della medesima un artista dal nome di Simeone di Siria. Una delle formelle riporta ancora l’iscrizione che ricorda il dono: Hoc opus fieri iussit pro redemptione anime sue panta(leo) filius mauri de panta(leone) de mauro de maurone comite.
In realtà, in Italia si conservano ancora diversi portoni in bronzo bizantini come anche nel Duomo di Salerno e nella Abbazia di Montecassino.
Merita però notare come quello di Amalfi fu ispiratore di quello di Montecassino. Infatti, nel 1065 Desiderio abate di Montecassino, venuto ad Amalfi, la vide volle che ne venisse realizzata una anche per la sua chiesa dove ancora oggi si trova.
Il Chiostro del Paradiso e i mosaici antichi
Il chiostro del Paradiso è un oggetto particolarissimo per via dei sui archi intrecciati a sesto, oserei dire, acutissimo. Sono assolutamente spettacolari.
Il vescovo Filippo Augustariccio lo realizza nel 1268 come cimitero della nobiltà amalfitana. Oltre ai sarcofagi di scavo ed a quanto resta degli affreschi nelle cappelline cimiteriali, il pezzo forte sono i mosaici medievali un tempo parte dell’ambone della cattedrale.
Di fine fattura (basti guardare i due uccelli sopravvissuti) sono realizzati con materiali diversi (marmo, pasta vitrea, dorature) e di fattura squisita. Cronologicamente, possono essere considerati coevi dei due grandi amboni della Cattedrale di Amalfi con i quali sono evidenti le similitudini.
Parte di questi mosaici sono stati reimpiegati per la costruzione dei due pulpiti che è possibile ancora oggi vedere ai lati dell’altare maggiore della cattedrale.
Merita un passaggio la Cappella Corsaro o dell’Annunziata che raccoglie ancora quanto resta degli originari affreschi di Pietro Cavallini (1240-1330) maggior esponente della Scuola Romana e coetaneo di Giotto. Il Cavallini lavorò infatti anche a Napoli in modo significativo.
Il campanile
Si tratta di un’opera che fonde due (o tre) stili opposti. Al di sopra una base a conci di marmo bianco e colonne angolari con capitelli a foglie si sovrappongono un livello a bifore ed uno a trifore. Nel 1276, infine, venne realizzata la struttura sommitale articolata in una torre(tta) campanaria centrale e da quattro torrette angolari. La loro particolarità sono gli elaborati motivi geometrici in ceramica multicolore e colonnete di marmo.
La struttura non è dissimile da Duomo di Salerno e potrebbe ispirarsi a modelli calabro-bizantini.
La cripta manierista
La cripta custodisce le spoglie di Sant’Andrea. Realizzata proprio per tale scopo dal cardinale Pietro Capuano nel 1208, la vediamo oggi nella sua veste manierista.
Infatti, il completo rifacimento della cripta nei primi anni del ‘660 coincide, per obiettivi e protagonisti, con quello della cripta del duomo di Salerno.
Infatti, in entrambi i casi, è l’architetto Domenico Fontana (1543-1607) a prendersi cura dei lavori su indicazione del re di Spagna Filippo III. L’obiettivo era quello di ornare adeguatamente le tombe dei due Apostoli sepolti in Campania: Matteo a Salerno ed Andrea ad Amalfi.
Le due cripte sono infatti straordinariamente simili anche se quella di Amalfi, per le caratteristiche del luogo, più piccola.
Ad operarvi maestri importanti dell’epoca. La statua bronzea di Sant’Andrea posta sull’altare è opera di Michelangelo Naccherino (1550-1622). Le statue dei martiri Stefano e Lorenzo, nelle nicchie laterali, sono di Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo.
Vincenzo de Pino da Scala (Salerno) è l’autore degli affreschi delle volte dedicati alla Passione di Cristo, mentre quelli delle pareti sono opera del napoletano Aniello Falcone (1600-1665).
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