Le facciate dei palazzi decorati a sgraffito (o graffito, che dir si voglia) appaiono di quando in quando a Firenze come una piacevole sorpresa. E’ una tecnica antica che fu molto in voga nel Rinascimento e, dunque, necessariamente, a Firenze.
Quando si parli di Rinascimento a Firenze, Giorgio Vasari è sempre una buona fonte. E infatti egli scrisse: hanno i pittori un’altra sorte di pittura, che è disegno e pittura insieme, e questo si domanda sgraffito.
In pratica, nel caso della facciata di un palazzo, la stessa veniva ricoperta di uno o più strati d’intonaco (ciascuno di un colore) in modo tale che graffiando lo strato più esterno venisse alla luce il colore di quello più interno creando il disegno.
Tipicamente, per questa tecnica venivano usati intonaci con colori fortemente in contrasto – bianco e nero in primis – cosicché il disegno apparisse in modo forte. Alle volte alla tecnica dello sgraffito poteva essere abbinata quella dell’affresco.
Se mettiamo tutte insieme le facciate o i cortili di palazzi fiorentini che siano ornate, in tutto o in parte, attraverso lo sgraffito e/o l’affresco, superiamo la settantina.
Vediamone insieme solo alcune. Le foto, occorre dirlo, sono alle volte “aggiustate” per mettere in risalto gli sgraffiti stessi: la realtà potrebbe essere diversa!
Firenze sgraffiti dell’Oltrarno
Inizierei questa passeggiata dall’Oltrano perché in poche centinaia di metri è possibile godere di diversi palazzi adorni di sgraffiti o graffiti che dir si voglia. Iniziamo dal Palazzo di Bianca Cappello
I graffiti del Palazzo di Bianca Cappello
E’ probabilmente il più bello tra i palazzi a sgraffiti di Firenze. Si trova in via Maggio a un passo dall’Arno e da Palazzo Pitti.
La sua posizione non è casuale. Bianca Cappello era infatti l’amante del granduca Francesco I (1541-1587) peraltro regolarmente sposato con Giovanna d’Austria. Il granduca le aveva costruito apposta una residenza a pochi passi dalla sua nell’area dove si trovavano in precedenza le case della famiglia Corbinelli (lo stemma Medici in facciata, questo un affresco, non è casuale).
Tra l’altro, Palazzo Pitti e e Palazzo Cappello erano collegati da un cunicolo sotterraneo che consentiva ai due amanti di incontrarsi senza dare nell’occhio
Giovanna d’Austria morì nel 1578 e ciò consentì il matrimonio tra i due amanti. Essi morirono però misteriosamente nel 1587 a distanza di un solo giorno l’uno dall’altra (rispettivamente Francesco il 19 e Bianca il 20) nella villa che i Medici possedevano a Poggio a Caiano. La circostanza fece ventilare anche l’ipotesi di un avvelenamento della coppia forse per opera del fratello di Francesco che sarebbe conseguentemente divenuto il granduca Ferdinando I.
I graffiti della facciata del palazzo di Bianca Cappello sono opera di Bernardino Barbatelli detto Poccetti (1548-1612) che li realizzò nel 1579-80 quando ormai peraltro Bianca, divenuta granduchessa, viveva a Palazzo Pitti.
Bernardino Poccetti (così soprannominato per la sua bassa statura) fu un solerte pittore di graffiti e grottesche per le facciate dei palazzi fiorentini tanto da essere anche soprannominato Bernardino delle Facciate o delle Grottesche.
Il suo legame con l’architetto della corte granducale Bernardo Buontalenti lo portò a realizzare diverse di queste opere due delle quali arrivate fino a noi. Oltre al palazzo di Bianca Cappello, rimangono a testimoniarne l’opera Palazzo Ramirez de Montalvo e, forse, Palazzo Benci.
Brevemente, Palazzo Benci si trova in Piazza Madonna degli Aldobrandini. Gli affreschi risalgono al 1575 e sono attribuiti a Giovanni Maria Butteri ma potrebbe aver partecipato all’opera anche Poccetti. Nel 1575 il palazzo vinse un concorso dedicato alle facciate affrescate dei palazzi fiorentini.
Palazzo Corsini Suarez: decorazioni riapparse
Palazzo Corsini Suarez, al n. 47 di Via Maggio, disponeva anch’esso di una facciata ornata andata ormai persa.
Recenti restauri hanno però portato alla luce alcuni elementi decorativi. Come riporta il Repertorio delle Architetture Civili di Firenze si tratta di “decorazioni monocrome che un tempo decoravano la facciata, realizzate probabilmente nel 1618 (come suggeriscono gli elementi araldici rinvenuti) in occasione delle nozze del figlio di Baldassarre Suarez de la Concha, Ferdinando, con Maria, appartenente a un ramo cadetto dei Medici. Alle due famiglie farebbero infatti chiaro riferimento i temi della palla (Medici) e della conchiglia (Suarez) alternati. Interamente leggibile è una grande figura femminile panneggiata, rivolta a destra nell’atto di stendere la mano sinistra a toccare una grande palla, mentre alle sue spalle è un piccolo putto nudo”.
Probabilmente, non si tratta di un graffito ma di un affresco monocromo (almeno per quanto si intuisce guardandolo dalla strada).
Graffiti di Palazzo Guicciardini: a un passo da Pitti
Posto lungo l’omonima via (parallela a Via Maggio), Palazzo Guicciardini è il frutto di numerosi acquisti fatti dalla stessa famiglia e dalla successiva unificazione di più edifici. Tra questi, quello più prossimo a Palazzo Pitti (all’angolo tra via Guicciardini e la piazza di Palazzo Pitti) era anticamente Palazzo Benizzi la cui facciata era ornata a graffiti.
In realtà, questi erano quasi completamente deteriorati già all’inizio del XX e subirono il colpo di grazia durante la seconda guerra mondiale. Quelli che vediamo oggi, sono il frutto di un successivo rifacimento sulla base dei disegni originali culminato nell’intervento del 2007 eseguito dallo studio degli architetti Guicciardini&Magni e così dagli stessi descritto: “Gli interventi hanno portato alla ricostruzione dell’apparato decorativo composto dai graffiti, consolidando le parti originali e integrando quelle mancanti, grazie alla ricostruzione effettuata mediante foto d’epoca, documentazioni descrittive e accurati rilievi. La tecnica del graffito è qui applicata sulla base dei cartoni ricostruiti. Sull’intonaco grezzo a base di calce è stato applicato uno strato di grassello di calce pigmentato con manganese, sulla velatura soprastante sono stati poi incisi i decori con fasce, festoni e motivi floreali, portando in vista il fondo scuro sottostante. Le porzioni esistenti dei graffiti mantengono un leggero stacco di tonalità, che le distingue dalle integrazioni eseguite”.
In realtà, proprio perché restaurati di fresco, ci permettono di capire quale impatto scenico dovessero avere nel ‘500 quando i palazzi sgraffiati si susseguivano tra loro.
Palazzo Lanfredini sul Lungarno
Su Lungarno Guicciardini, al civico 9, trovate Palazzo Lanfredini la cui facciata è probabilmente dovuta a Baccio d’Agnolo e databile intorno al 1510.
La facciata è decorata a sgraffito da Andrea di Cosimo Feltrini (1477-1548), un altro artista votato alle grottesche.
Palazzo Nasi a piazza de’ Mozzi
Se avete voglia di camminare per un chilometro sul Lungarno (sempre una buona idea) potete raggiungere Palazzo Nasi a piazza de’ Mozzi, di fronte al Museo Bardini.
Anche Palazzo Nasi mostra la sua bella facciata ornata a sgraffito. Il palazzo, realizzato attraverso l’unione di più edifici contigui ebbe come architetto Baccio d’Agnolo (1462-1543). L’opera fu probabilmente effettuata nei primi decenni del XVI secolo.
In questo caso, i graffiti sono assai ben conservati e riempiono completamente la facciata. Tra le finestre del piano nobile sono rappresentate figure inserite in nicchie. Tra le finestre del piano superiore, putti inseriti in cornici, mentre una fascia con teste inserite in ovali caratterizza il mezzanino.
A questo punto è necessario attraversare l’Arno, dove potrete vedere altri tre esempi.
Palazzo Ramirez de Montalvo: gli sgraffiti del Vasari
Palazzo Ramirez de Montalvo si trova lungo Borgo Albizi a pochi passi dal Museo del Bargello. Nacque nel 1568 come residenza di Antonio Ramirez di Montalvo, primo cameriere del Granduca Cosimo I. Questi aiutò il Montalvo nella realizzazione della sua dimora non solo con danari ma mettendo a sua disposizione alcuni tra i nomi più illustri delle arti fiorentine del tempo.
Tra costoro, il suo architetto di corte Bartolomeo Ammannati (colui al quale si deve la Fontana del Nettuno in Piazza della Signoria) e Giorgio Vasari. Fu proprio l’autore delle Vite a progettare i graffiti nelle cui realizzazione venne coinvolto Bernardino Poccetti.
Purtroppo, i graffiti hanno seriamente subito le ingiurie degli anni e del clima. Potete però vederne alcuni staccati e riposizionati all’interno del portone.
Palazzo dell’Antella in piazza Santa Croce
Il Palazzo dell’Antella in piazza Santa Croce va certamente citato tra i palazzi dalla facciata affrescata anche se in questo caso si tratta di affreschi e non di graffiti.
L’opera è del 1620 e vide coinvolti tredici giovani artisti coordinati da Giovanni da San Giovanni per volere di Niccolò dell’Antella proprietario dell’edificio.
Gli affreschi, già deteriorati alla fine de secolo successivo, rappresentavano un allegoria del buon governo dei Medici.
Palazzo Lenzi ad Ognissanti
La grande mole di Palazzo Lenzi ornata a graffito domina Piazza Ognissanti. Di complessa ricostruzione della loro realizzazione. Ci soccorre ancora il Repertorio delle Architetture Civili di Firenze;
“Per quanto concerne i graffiti, questi sono stati a lungo ricondotti al primo Cinquecento e attribuiti ad Andrea Feltrini, per quanto sia facilmente sostenibile come i fronti presentino un’architettura fin dall’origine pensata per una decorazione di questo tipo. In tempi recenti e in modo convincente la decorazione è stata invece retrodatata al 1494, ipotizzandone una commissione da parte di Lorenzo Lenzi (Pecchioli). Anche per quanto riguarda questo lavoro vi è tuttavia il problema di ciò che attualmente si conserva di materia originale: già molto rovinati nel Settecento furono infatti coperti da una stesura di intonaco e riportati alla luce in uno stato di estrema frammentazione nel 1887, sempre al tempo della proprietà Pisani. Sulla base delle più ampie porzioni conservate nella zona del sotto gronda e in prossimità delle cantonate, Pietro Baldancoli provvide a ricreare l’intero impianto decorativo, con “portentosa esattezza” secondo Guido Carocci, ma necessariamente con integrazioni tali da far considerare ciò che attualmente vediamo come opera del tutto ottocentesca, seppure riproducente un disegno presumibilmente originale. Da segnalare come sotto l’attuale lavoro, svelato da alcune cadute dell’intonaco ottocentesco, vi siano sia porzioni di un graffito più antico, sia, a un livello ancora più interno, un intonaco grosso e grezzo, graffiato con motivi vari (strigilati, paralleli, a graticcio, a spina di pesce e simili) diviso a larghi riquadri, a restituirci quella che presumibilmente era la decorazione del primo palazzo quattrocentesco”.
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