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Museo dell’Opera del Duomo di Firenze: dove è nato il Rinascimento

Il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze è semplicemente splendido. Da qualsiasi angolo lo si guardi. Certamente, non è il tipico museo diocesano. E’ una struttura formidabile con spazi (è ricavato da un antico teatro) che lasciano a bocca aperta ed ambientazioni degne dei migliori musei internazionali.

La Sala del Paradiso

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Opera del Duomo – Facciata del Duomo

La Sala del Paradiso, alta venti metri e lunga trentasei, accoglie una ricostruzione dell’antica facciata trecentesca del Duomo, quella di Arnolfo da Cambio, che lascia il visitatore (per quanto smaliziato) sorpreso. Mi viene in mente, per capire il livello, la grande ambientazione che il Metropolitan di New York dedica al tempio egiziano di Dendur.

Se possibile, però, la facciata di Arnolfo è ancora più scenografica perché intorno alla Sala del Paradiso ruota tutto il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze. Infatti esso sale piano dopo piano accanto alla sala stessa mantenendosi in continuo colloquio con questa attraverso aperture e belvederi. A meno che non disponiate della scala dei pompieri, raramente potreste vedere la facciata di una chiesa da “n” diverse angolature poste ad “n” diverse altezze.

Dunque qualora a spingervi a visitare il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze sia la passione per l’architettura, allora avrete di che essere soddisfatti. E’ così anche se foste alla ricerca di “pezzi unici” (poi ne parliamo) perché il museo contiene pietre miliari della storia dell’arte. Ma anche se di arte ne capiste poco o nulla (ma non è il caso dei nostri lettori), il miracolo di questo museo è che vi affascinerebbe comunque. Di questo sono certo. Basta guardare le facce attonite di alcuni turisti ai quali forse sfugge il senso di quello che stanno guardando ma non lo spettacolo da fantascienza che li circonda.

Museo dell’Opera del Duomo di Firenze: qual’è il segreto?

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Madonna dagli Occhi di Vetro – Arnolfo di Cambio

Secondo me, però, il valore assoluto del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, è un altro. Molto più raffinato e nascosto. Per l’inclita e non per il volgo. Ciò che lo rende unico è che in nessun altro luogo diventa cristallino il rapporto tra arte classica e medioevo tra Bisanzio ed il Rinascimento come lo è qui. Improvvisamente le contaminazioni divengono chiare e leggibili, esattamente nel luogo (riprodotto) in cui le videro i protagonisti di questa vicenda centrale nella storia dell’arte del Vecchio Continente.

Meglio di chiunque altro lo ha spiegato il direttore del museo, Timothy Verdon, svelando come la Sala del Paradiso riattivi: “..il dialogo tra l’Antichità, il Medioevo, il primo Rinascimento e la Maniera che un tempo fu il vanto di Firenze”.

E infatti, proprio a Firenze, presenze simultanee resero possibile la contaminazione. Queste contaminazioni, il gioco delle reciproche influenze, è un fatto che tutti noi conosciamo ma è straordinario esserne messi al centro e osservarlo in uno spazio così concentrato.

La contaminazione tra Antichità e Medioevo

arnolfo di cambio
Arnolfo di Cambio – Madonna della Natività

Nella piazza “virtuale”, infatti, improvvisamente, vi troverete davanti la ricostruzione della facciata trecentesca del Duomo con le sue statue. A destra e sinistra, sui due lati corti, i due grandi sarcofagi romani che per secoli ornarono il fronte del Battistero.

Dietro di voi, sull’altro lato lungo, le tre porte del Battistero con al centro la Porta del Paradiso del Ghiberti.(realizzate tra la prima metà del XIV e la prima metà del XV sec.) sormontate dai tre gruppi scultori realizzati per esse nel XVI.

Così il rapporto tra arte classica e rivoluzione giottesca è disvelato. Se guarderete il sarcofago (di sinistra) e, di fronte, la Madonna della Natività di Arnolfo di Cambio (1296) improvvisamente, vedrete una matrona romana adagiata sul suo triclinio. E la testa della Speranza di Tino di Camaino avrà l’eleganza e l’espressività dei volti greci e romani.

Museo dell’Opera del Duomo di Firenze: i pezzi unici

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Michelangelo – Pietà

Ma se questi “passaggi” vi affascinano, non perdete l’occasione di guardare con attenzione un oggetto che, certamente, non è tra i più preziosi del museo ma testimonia un momento straordinario. La Tavola di Sant’Agata è, infatti, una “semplice” tavola processionale dove, però, il volto della santa è riprodotto sui due lati in modo che i fedeli lo potessero vedere anche dopo il passaggio della processione. Ma le due immagini non sono uguali e furono dipinte in momenti diversi. La più antica – di influenza bizantina – a metà del duecento; la più nuova all’inizio del trecento. Nel mezzo c’è Giotto, e la differenza vi vede.

Ovviamente, il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze custodisce tesori unici e numerosi. Il percorso espositivo – arioso, veramente perfetto – vi consentirà di ammirarli ed apprezzarli uno per uno.

E’ impossibile raccontarli tutti, ma la Maria Maddalena Penitente del Donatello e la Pietà incompiuta di Michelangelo sono capolavori assoluti della storia dell’arte, e non sono i soli. Per inciso, la guida del “nuovo” Museo dell’Opera del Duomo, scritta dal suo direttore, si legge come un libro giallo. Edita per i tipi di Mandragora, sarebbe una bella idea procurarsela e leggerla prima di una visita che, vi garantisco, si rivelerà indimenticabile.

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Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.