Ci sono diversi aspetti della Fontana delle Tartarughe, in piazza Mattei a Roma, che la rendono senz’altro meritevole della visita. Dai materiali agli aneddoti, c’è parecchio da sapere.
Fontana delle Tartarughe: la storia
I fatti sono piuttosto noti. La guerra gotico – bizantina e gli assedi di Roma portarono nel VI secolo d.C. alla perdita di funzionalità degli acquedotti romani. La Città Eterna utilizzò così per diversi secoli l’acqua del Tevere. Nel XVI secolo furono avviati diversi progetti di recupero degli acquedotti e di realizzazione di una rete idrica per la città.
Con la risistemazione, intorno al 1570, dell’acquedotto dell’Aqua Virgo vennero anche realizzate le fontane necessarie alla distribuzione della medesima tra le quali quella delle tartarughe.
Per inciso, va detto che l’acquedotto dell’Aqua Virgo è quello che serve anche Fontana di Trevi e la Fontana dei Quattro Fiumi a piazza Navona.
La fontana venne cosi realizzata tra il 1581 ed il 1588 sulla base di un progetto di Giacomo della Porta (1533-1602) impiegandovi le sculture in bronzo. del fiorentino Taddeo Landini (1550-1596).
La storia vuole che la fontana non dovesse essere posta la dove si trova oggi ma nella vicina piazza Giudia (oggi non più in sito) dove si teneva il mercato degli Ebrei (siamo infatti ai confini del ghetto). Muzio Mattei – erede di una delle più antiche casate romane – si mosse però affinchè essa fosse posta dove la vediamo oggi, ovvero al centro degli edifici abitati dalla sua famiglia.
Per ottenere il suo fine, si impegnò anche a lastricare la piazza ed a manutenere la fontana.
Dove sono gli otto delfini?
La Fontana delle Tartarughe ebbe sempre problemi di pressione dell’acqua. Ovviamente, si trattava di un problema serio perché comprometteva la portata della fontana. Questo fatto avrebbe limitato la funzionalità dell’opera e, per evitarlo, vi furono alcune conseguenze estetiche.
Come potete osservare, i quattro efebi poggiano ognuno un piede su un delfino che funge da zampillo. Originariamente, i delfini avrebbero dovuto essere otto, ma la pressione non era sufficiente per il loro funzionamento. Fu così che i quattro che non furono messi in opere vennero poi impiegati nella Fontana della Terrina in Piazza della Chiesa Nuova.
In realtà la scarsa pressione portò anche ad una modifica più sostanziale. Infatti, nella sua prima versione, la fontana poggiava su dei gradini che vennero poi però eliminati nel 1658 proprio per non ridurre la già scarsa pressione.
E quando arrivarono le quattro tartarughe?
Anche loro risalgono al 1658. Furono una bella trovata dovuta (vuole la tradizione) all’ingegno di Gian Lorenzo Bernini ma anche loro rappresentarono una modifica in corso d’opera.
Infatti, probabilmente a causa del fatto di aver dovuto rinunciare ai quattro delfini, il braccio levato di ciascuno degli efebi rimaneva, per così dire, a mezz’aria non non avendo un delfino da sorreggere.
Fu così che il Bernini posizionò le quattro tartarughe e gli efebi sembrano voler, premurosamente, aiutare le stesse ad abbeverarsi.
Purtroppo, il detto che l’occasione fa l’uomo ladro è spesso vero. Furono infatti rubata due volte: nel 1944 e nel 1979. Così, quelle sul bordo della vasca sono copie essendo gli originali custoditi ai Musei Capitolini
Fontana delle Tartarughe: tra bronzi e marmi pregiati
Se facciamo un giro delle grandi fontane della Roma barocca, scopriremo che l’umile (ma bello) travertino, cavato a Tivoli, a poche miglia di distanza, era il materiale principe.
La Fontana delle Tartarughe impiega, invece, materiali più preziosi. Le statue sono in bronzo, scelta sulla quale potrebbe anche in questo caso influite Muzio Mattei. Mentre, oltre al travertino, sono stati anche impiegati marmi quali l’africano e il pavonazzetto.
La fontana è posta al centro di una vasca di forma rettangolare ma con gli angoli elegantemente stondati. Al centro, su una base, si elevano quattro splendidi conchiglioni di marmo grigio. Al centro di questi, è posta un’anfora che sorregge la vasca più alta.
I quattro efebi sono a loro volta posti a ridosso dell’anfora. Ognuno di loro si occupa di tener fermo un delfino usando… mani e piedi.
Infatti, un piede di ciascun efebo poggia contro l’anfora mentre l’altro poggia su uno dei quattro delfini. Ogni efebo, poi, con una mano tiene la coda del delfino e, con l’altra, aiuta una delle famose tartarughe a raggiungere il bordo della vasca più alta.
Si vuole (ma è realistico) che Gino Coppedè, l’architetto che progettò il Quartiere Coppedè, prese ispirazione da queste tartarughe per progettare la sua Fontana delle Rane alcuni secoli dopo.
Per una visione complessiva delle fontane barocche di Roma leggi Fontane Barocche di Roma: un percorso ragionato
Vicino alle stesse piazze che ospitano le fontane, troverete splendide chiese barocche. Leggete Roma: passeggiare per volte barocche
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